Agire sociale e natura umana 9791259931368

Nel 1980 Axel Honneth e Hans Joas pubblicano a quattro mani Soziales Handeln und menschliche Natur, un'opera di ant

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Agire sociale e natura umana
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AXEL HONNETH HANSJOAS

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INDICE

7 Prefazione alla traduzione inglese

di Charles Taylor 11

Introduzione ali'edizione italiana

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Introduzione

di Axel Honneth e Hans ]oas

I. ANTROPOLOGIA E MATERIALISMO STORICO

33

40 48 50 56

61

Il materialismo antropologico di Ludwig Feuerbach La critica di Marx a Feuerbach 3. Posizioni nel dibattito marxista sull'antropologia 3.1. La critica strutturalista di Althusser all'antropologia 3.2. La teoria della personalità di Lucien Sève 3. 3. L'interpretazione di Marx di Gyorgy Markus 1.

2.

Il. I FONDAMF.NTI ANTROPOLOGICI DELL'AGIRE SOCIALE

71 Premessa: la tradizione tedesca dell'«antropologia filosofica» 79 1. L'antropologia filosofica come teoria dell'azione. Il progetto di Amold Gehlen per un'antropologia sistematica 91 2. Azione e intersoggettività. La differenza tra Mead e Gehlen 105 3. L'espressività umana. L'ermeneutica antropologica di Helmuth Plessner 126 4. Istinto e bisogno. L'antropologia sociale di Agnes Heller 1 39 5. La percezione umana come conoscenza sensoriale: la psicologia critica di Klaus Holzkamp IIl. L'ANTROPOLOGIA STORICA

166

Il controllo degli affetti e l'interdipendenza sociale. La teoria del processo di civilizzazione di Norbert Elias 1.

178 202

Il disciplinamento del corpo e il potere decentralizzato. L'analisi strutturalista della storia di Michel Foucault 3. Sviluppo morale e dominazione della natura. La teoria dell'evoluzione socio-culturale di Jiirgen Habermas 2.

227

Bibliografia

237

Postfazione Un posto nel mondo: tra natura e critica

di Francesca Sofia Alexandratos

25 5 Indice dei nomi

PREFAZIONE ALLA TRADUZIONE INGLESE

di Charles Taylor

Questo libro è un lavoro di antropologia filosofica. Ovvero esplora

il tema della natura umana, una questione vitale da affrontare, ma al tempo stesso estremamente problematica Un'analisi del concetto di «natura umana» è oggi quantomai necessaria, dal momento che tutti i tentativi di elaborare una scienza degli esseri umani, che ritroviamo in psicologia così come nelle scienze politiche, nella sociologia, nell' antropologia (in senso stretto), nella linguistica e così via, si basano su certi presupposti rispetto al modo in cui sono fatti gli esseri umani, che, spesso e volentieri, si rivelano altamente questionabili. Di certo, le grandi dispute che imperversano in tutte queste discipline e che riguardano i metodi e lo scopo della scienza si estendono sino a questi sottostanti presupposti di fondo. E ai giorni nostri, ciò che influenza queste scienze non ha importanza solo per il mondo intellettuale: i loro stessi presupposti plasmano la politica pubblica e le concezioni della vita umana comunemente accettate, come possiamo vedere, per esempio, dalla moda attuale dei modelli computazionali e computerizzati della mente. Tuttavia, al tempo stesso, siamo sempre molto suscettibili e riluttanti nel parlare di «natura umana». Al sentire queste parole, riecheggia una sirena di allarme. Abbiamo infatti paura di creare una qualche immagine reificata dell'essere umano, in contrasto con i cambiamenti delle forme di vita umana che emergono dalla storia, e di finire prigionieri di un etnocentrismo insidioso. Le influenze del marxismo, di Nietzsche e delle teorie antropologiche, sebbene si contrappongano sotto altri aspetti, convergono su questo timore. Dopo il declino dell'influenza del marxismo, questa stessa sfiducia è stata alimentata dalle teorie di ispirazione nietzschiana, come quella di Foucault. Gli autori del libro vogliono affrontare questo malessere e questa inquietudine nel parlare di natura umana. L'antropologia filosofica parte dalla convinzione che si possa dire qualcosa di sensato e di

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AGIRE SOCIALE E NAnJRA UMANA

importante sui «presupposti immutabili della mutevolezza umana». Però, tali presupposti non possono essere semplicemente decifrati sugli esseri umani, per come ci appaiono o sono stati documentati nella storia. Non possiamo stilare una lista delle caratteristiche universali dell'essere umano estrapolandole dalle società e dalle culture umane secondo un metodo induttivo. Piuttosto, il tentativo intrapreso in questo libro di definire i presupposti immutabili della mutevolezza umana procede attraverso un'analisi critica del corpus scienti.fico che è già stato elaborato; investiga i presupposti taciuti delle varie teorie e conoscenze, ne svela le inconsistenze, gli orizzonti ristretti, la cecità verso altri presupposti altrettanto operativi, e cerca di trarre da tutto ciò una concezione più chiara dell'animale umano. È la costante presenza di una riflessione critica a rendere descrivibili come «filoso.fiche» le analisi qui presentate. Infatti, questa tipologia di studio è ibrida da un punto di vista disciplinare, irrimediabilmente trasversale al con.fine tra .filosofia e scienze umane. Questo libro è chiaramente .filoso.fico anche in un altro senso. Studiare in questo ambito non significa solo argomentare certe conclusioni sostanziali su ciò che sono gli esseri umani, ma anche difendere da un punto di vista metateorico il diritto di trarre tali conclusioni. Le pressioni incrociate che ho descritto prima, tra il sentito bisogno di criticare i presupposti regnanti delle scienze sociali e i dubbi relativamente a cosa, nel caso, possa prenderne il posto, sono continuamente avvertite nell'intero processo di riflessione qui riportato. Tali pressioni non possono mai essere messe a riposo in maniera definitiva o dimenticate. Questo tipo di argomento critico a più livelli è l'essenza stessa della .filosofia. Il libro di Axel Honneth e Hans Joas è un esempio superbo di questo tipo di riflessione, quella che tocca le questioni centrali dell'oggi. Si sviluppa a partire da una tradizione molto ricca dell' antropologia .filoso.fica, largamente di lingua tedesca, e la recupera proprio in un momento in cui tale tradizione sta affrontando una severa critica da parte degli autori francesi contemporanei alla sua intera impostazione di pensiero. Il libro comincia con una critica alla teoria di Marx particolarmente sensibile alle questioni attualmente poste all'ordine del giorno dai nuovi movimenti sociali, ecologisti e femministi. Successivamente, prova a esplorare quanto le lacune che appaiono evidenti nella teoria marxista possano essere colmate attingendo al lavoro di altri pensatori centrali. Questa seconda sezione del libro introduce autori molto importanti - come Arnold Gehlen e

PREFAZIONE ALLA TRADlTDONE INGLESE

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Helmuth Plessner- ancora quasi interamente sconosciuti nel mondo anglosassone, ma che hanno scritto, in maniera provocante e illuminante, proprio sulle questioni che sono ora largamente dibattute in Inghilterra e in America. Nella terza parte, fra le altre cose, Honneth e Joas affrontano la sfida alla loro impresa posta nel lavoro di Michel Foucault, e forniscono un'interpretazione illuminante della teoria di Jiirgen Habermas. Questo lavoro acuto e brillante dovrebbe infrangere alcune barriere. Lo ha fatto quando è stato pubblicato nella sua versione originale in tedesco: sono saltate barriere tra varie teorie della scena tedesca, troppo spesso rinchiuse in veri e propri ghetti ideologici; e successivamente tra il pensiero contemporaneo tedesco e quello francese, che non sono mai stati messi a confronto come sarebbe stato necessario. Questi due autori, non solo in questo libro ma anche in altri loro lavori, sono stati pionieri di tale confronto. Adesso, spero che questa traduzione in inglese possa abbattere altre barriere. In questo caso, quelle della mancanza di familiarità, che ha tenuto a distanza molti studiosi e studenti del mondo anglosassone da un contatto con una tradizione enormemente ricca di pensiero e di riflessione, e da dibattiti contemporanei vitali che spesso riguardano più direttamente le questioni di cui si occupano in maniera centrale.

INTRODUZIONE ALL'EDIZIONE ITALIANA

di Axel Honneth e Hans ]oas

Per gli autori di questo libro è un grande onore e una grande gioia che la nostra opera a quattro mani venga ora resa accessibile in traduzione anche al pubblico italiano. Questa gioia è accresciuta dal fatto che si tratta di un'opera che fu originariamente pubblicata in tedesco più di quattro decenni fa - e nella sua traduzione inglese più di trent'anni fa. Cogliamo dunque questa Introduzione come un' opportunità per alcune brevi riflessioni sulle condizioni in cui a suo tempo scrivemmo quest'opera, sul nostro sviluppo da allora e sulle nostre visioni più recenti. Il nostro libro è il prodotto di una fase di sviluppo intellettuale condiviso e di un periodo di intensa amicizia, a cavallo tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta del secolo scorso. Per entrambi ha costituito una fase di formazione della nostra vita spirituale e intellettuale. Considerata la grande diversità del nostro retroterra biografico e delle influenze intellettuali che ci hanno formato, non era scontato allora che potessimo avvicinarci e collaborare in maniera cosl stretta. A quei tempi, come si può notare chiaramente dallo stile del libro, l'ambiente accademico di Berlino era fortemente plasmato dall'egemonia del marxismo. Ma al contempo era rimasta viva, attraverso parecchi suoi esponenti, la tradizione tedesca della cosiddetta antropologia filosofica - che risaliva a Max Scheler, Helmuth Plessner e Arnold Gehlen. Nella ricerca di un proprio punto di vista, i più giovani dovevano necessariamente chiarire il loro rapporto con entrambe queste scuole di pensiero. Oltre a questo impulso, avevamo in comune una vera ammirazione per le nuove possibilità di pensiero che Jiirgen Habermas aveva dischiuso nei suoi scritti. Habermas si era sforzato allora di delineare una «ricostruzione» indipendente del materialismo storico. Un aspetto che oggi viene poco considerato è che Habermas, prima della sua più decisa virata in direzione della .filosofia analitica e della teoria sociologica dei sistemi, era profondamente ancorato

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AGIRii SOCIALE E NATURA UMANA

all'«antropologia filosofica», una tradizione da cui proveniva il suo relatore di dottorato, Erich Rothacker. L'iniziativa di iniziare una cooperazione fra noi fu di Hans Joas. A quel tempo, Joas aveva già presentato la sua monografia sull'opera omnia del pragmatista americano George Herbert Mead, il cui argomento centrale era l'idea di un'«intersoggettività pratica». Con questo termine si rimandava alla tesi secondo cui gli esseri umani costituiscono il proprio sé necessariamente nell'interazione con gli altri. Ali'epoca, questa idea apparve aJoas così importante da volerla esplorare in maniera esaustiva per due ragioni principali. La prima è che rendeva possibile investigare il motivo centrale del cristianesimo, ovvero l'etica dell'amore per il prossimo, come un fatto empirico, al di là del linguaggio dei meri imperativi morali. Quando e come gli esseri umani diventano capaci di mettersi nei panni delle altre persone? Come cambiano le nostre rappresentazioni dello sviluppo infantile e della storia dell'umanità se facciamo di questa domanda la nostra guida? Quando e come si origina il sentimento dell'obbligo di andare oltre la nostra condizione per includere quella degli altri, forse anche di tutti gli altri, nel considerare la direzione da dare al proprio agire? In secondo luogo, attraverso questa connessione a Mead, al pragmatismo, così come all'antropologia filosofica, si intendevano contrastare le tendenze razionalistiche di Habermas. Il concetto di «intersoggettività "pratica"» non si riferisce in maniera prioritaria alla comunicazione razionale e argomentativa. La dimensione corporea dell'intersoggettività e le dimensioni espressive della comunicazione sbiadiscono facilmente se l'interesse principale è la discussione razionale. Per contrastare il pericolo di un simile restringimento razionalistico dell'intersoggettività, all'epoca ci appoggiammo soprattutto alle risorse della tradizione di un'antropologia filosofica che, oltre alla corporeità e all'espressività, teneva maggiormente conto del bisogno dell'interazione sociale. Non è un caso che il nostro punto di partenza sia stato il pensiero di Ludwig Feuerbach, un filosofo, oggi spesso dimenticato, che quasi come nessun altro pensatore prima di lui aveva posto la natura sensibile e sensuale delle relazioni interpersonali al centro della sua critica all'idealismo tedesco. Partendo da qui, cercammo poi di dischiudere in profondità i diversi aspetti di questa «sensibilità» dell'intersoggettività, confrontandoci con un'ampia serie di approcci e teorie antropologiche. Con l' antropologia di Amold Gehlen, esplorammo la condizione corporea

INTRODt.rnONE ALL'EDIZIONE ITALIANA

dell'agire umano; con il pragmatismo di Mead, l'interazione tra esseri umani mediata da simboli; con la teoria di Helmuth Plessner, la dimensione espressiva del rapporto con gli altri; con l'antropologia sociale di Agnes Heller, il processo di formazione dei bisogni individuali; e infine, con la psicologia critica di Klaus Holzkamp, la costruzione sociale della nostra percezione. Ma per non dare l'impressione che questi diversi aspetti dell'intersoggettività umana iscritta nel corpo fossero qualcosa di dato una volta per tutte e di storicamente immutabile, nella parte finale del nostro libro ci rivolgemmo ad alcune teorie che hanno maggiormente messo a fuoco la mutevolezza storica della nostra natura sociale. In apertura collocammo dunque la teoria della civiltà di Norbert Elias, della quale, malgrado tutti i suoi meriti, criticammo la mancata esposizione e analisi dei meccanismi psichici interni di regolazione degli impulsi. In una sezione intermedia, ci confrontammo criticamente con la teoria del potere storicamente fondata di Michel Foucault, per poi far valere in chiusura le nostre già citate riserve verso Habermas, pur nel riconoscimento della sua operazione di apertura del materialismo storico allo sviluppo storico della morale. Ma i vari aspetti dell'intersoggettività pratica degli esseri umani che avevamo fatto cosl riaffiorare, rimasero in ultima istanza relativamente scollegati tra loro e solo affiancati l'uno all'altro. Eravamo sufficientemente modesti da non cercare nemmeno di unificare, a scopo riassuntivo, i vari temi che avevamo ripreso e svolto all'interno di un quadro consistente della natura mutevole degli esseri umani. Nei successivi sviluppi del nostro pensiero, abbiamo entrambi continuato a sviluppare alcune tematiche raccolte nel nostro libro, seguendo tuttavia direzioni differenti. Oltre a numerosi lavori di natura empirico-sociologica, l'obiettivo primario di Hans Joas era di elaborare in maniera estesa la sua teoria dell'azione, distinguendola da quella esposta da Habennas nella Teoria dell'agire comunicativo del 1981. Nel suo libro del 1992, La creatività dell'agire, presentò quindi questa teoria. Come già evidenzia il titolo, non è la razionalità, ma la creatività a guidare una comprensione della dinamica dell'agire umano. L'opera tratta nel dettaglio soprattutto la genesi e lo sviluppo della capacità di agire intenzionalmente, si interessa del controllo sul proprio corpo e della delimitazione della propria

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individualità1• Sempre nel contesto fondamentale di questa teoria dell'azione nasce l'opera Come nascono i valori del 1997, in cui è affrontato il problema di come gli uomini sviluppino il loro legame e attaccamento ai valori, ossia attraverso quali esperienze e quali contesti d'azione. Questo libro è recentemente apparso, con un ritardo di venticinque anni, in traduzione italiana, con un'accurata Introduzione del curatore2. Questa teoria dei valori e della loro genesi è poi diventata per Joas il punto di partenza di un'intera serie di studi che vertono su una sociologia storica del cambiamento dei valori, per esempio sulla storia dei diritti umani o delle credenze religiose nei contesti di una progressiva secolarizzazione'. Da questi lavori è nato da ultimo il tentativo di esporre le linee fondamentali di una storia globale dell'universalismo morale attraverso una critica della suggestiva e influentissima narrazione del processo storicomondano del «disincanto», risalente a Max Weber, e dell'altrettanto potente e impattante .filosofia della storia di Hegel4. Questo lavoro è ancora m corso. Axel Honneth ha intrapreso un'altra strada. Dopo che gli furono chiari i vicoli ciechi della teoria critica della Scuola di Francoforte5, cominciò a interessarsi maggiormente alla dimensione psichica della relazione comunicativa, che Habermas aveva investigato esclusivamente nelle sue implicazioni razionali. Il risultato di questi studi di psicologia della morale fu l'opera La lotta per il riconoscimento, nella quale, riallacciandosi al giovane Hegel, Honneth intendeva dimostrare come i soggetti umani, nei loro rapporti sociali, siano spinti a ricercare e a ottenere il riconoscimento delle loro controparti sociali rispetto ai loro bisogni particolari, alla loro capacità di decidere 1 Un riassunto degli aspetti più importanti di questa teoria si trova in H. Joas, La creatività de/l'agire, in Id., Valori, società, religione, a cura di U. Perone, Torino,

Rosenberg & Sellier, 2014, pp. 15-59. 2 Id., Come nascono i valori, Macerata, Quodlibet, 2021; sempre qui, M. Santarelli, Introduzione: Articolare l'esperienza. La teoria dei valori di Hans ]oas, pp. 7-50. 3 Id., La sacralità della persona. Una nuova genealogia dei diritti umani, a cura di A.M. Maccarini, Milano, Franco Angeli, 2014; Id., La fede come opzione. Possibilità di futuro per il cristianesimo, a cura di P. Costa, Brescia, Editrice Queriniana, 2013. 4

Id., Die Macht des Hei/igen. Bine Alternative z,urGeschichte von der Entzauberung, Berlin, Suhrlcamp, 2018 (tradotta anche in inglese e francese); Id., lm &nnkreis der Freiheit. Religionstheorie nach Hegel und Nietzsche, Berlin, Suhrlcamp, 2020. 5 A. Honneth, Critica del potere. La teoria della società in Adorno, Foucau/t e Habermas, trad. it. di M T. Sciacca, Bari, Dedalo, 2001.

INTRODUZIONE ALL'EDIZIONE ITALIANA

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su questioni morali e al valore delle proprie capacità e qualità per il contesto sociale6. Sulla base di questa teoria dell'intersoggettività è sorta negli anni successivi un'altra serie di studi in cui, di nuovo seguendo da vicino Hegel, Honneth intendeva scandire le implicazioni, tanto .filosofico-morali quanto socio-teoriche, del principio di partenza di una lotta permanente per il riconoscimento7• Questi lavori, che hanno raggiunto una notevole diffusione, trovano la loro provvisoria conclusione in uno studio di storia delle idee, in cui Honneth cerca di rintracciare le specifiche interpretazioni dell'idea di un bisogno umano di riconoscimento sociale, per come esse sono state formulate nei vari paesi dell'Europa occidentale negli ultimi tre secoli, e quali conseguenze è possibile trarre da questa polifonia .filosofica8 • Oggi, se volgiamo lo sguardo al nostro >26• È tuttavia certo che Marx, nel riformulare i due concetti centrali del pensiero di Feuerbach per porli come premesse fondamentali della sua teoria sociale, lo faccia al prezzo di neutralizzare il loro reale potenziale critico. Marx, insieme a Engels, supera la concezione di Feuerbach di una antropologia contemplativa, limitata alle relazioni fra soggetti, a favore di una teoria della società sistematicamente basata sulla trasformazione cooperativa della natura. Tuttavia, in questa radicalizzazione della filosofia di Feuerbach per una teoria della società, Marx neutralizza anche una parte della forza critica ed emancipatoria del pensiero di Feuerbach. Rispetto alla trasposizione marxiana del tema della sensibilità di Feuerbach in un concetto di «attività» che è sempre orientata al bisogno ma primariamente oggettiva, ci si può chiedere se, in questa svolta, Marx abbia mantenuto la dignità estetica e contemplativa della «sensibilità emancipatoria» di Feuerbach, se la forza della natura interna bisognosa dell'essere umano, che non è mai interamente determinata dalle forme storico-sociali, sia sufficientemente presa in considerazione. Questa 25

K. Marx, Manoscrilti economico-filosofici del 1844, a cura cli E Andolfi e G. Sgro', Napoli-Salerno, Orthotes, 2018, p. 244. 26 Citato da W. Schuffenhauer, Feuerbach und der junge Marx, Berlin (GDR), Deutsche Verlag der Wissenschaften, 1972, pp. 202 sg.

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considerazione è il tema del libro di Alfred Schmidt su Feuerbach27• Allo stesso modo, nella sua trasposizione del concetto di «altruismo» di Feuerbach in una categoria delle relazioni di cooperazione fra individui, Marx mantiene senza dubbio una concezione interazionista di fondo, come dimostra il famoso passo su Pietro e Paolo in cui si sostiene che Pietro diventi Pietro solo attraverso Paolo28. Tuttavia, non solo queste osservazioni sono fatte per cosl dire en passant, ma per di più Marx non deduce dalle sue osservazioni le conclusioni epistemologiche e psicologico-sociali che Feuerbach aveva già formulato con estrema chiarezza. Anzi, Marx era talmente poco consapevole dei limiti categoriali del suo concetto di «lavoro» da non essere in grado di analizzare in profondità la dimensione dell'interazione sociale. Di conseguenza, nelle opere di Marx, l'analisi antropologica del lavoro non è accompagnata da una corrispondente teoria delle relazioni tra esseri umani29. Nel punto in cui viene finalmente affrontata «l'elaborazione degli uomini da parte degli uomini>>3°, ovvero il processo di socializzazione, il manoscritto dell'Ideologia tedesca si interrompe. All'inizio del suo studio su Feuerbach31 , Engels aveva sminuito la dialogica di Feuerbach come una semplice trivialità, senza rendersi conto che questa obiezione poteva essere rivolta a tutte le asserzioni dell'Ideologia tedesca presentate come autoevidenti, e che proprio per questa ragione toglievano ogni possibilità di speculazione. Tuttavia, la cornice antropologica di riferimento che Marx ha acquisito attraverso lo studio critico di Feuerbach e sulla quale basa in maniera esplicita la costruzione della sua teoria sociale nella fase iniziale del suo pensiero viene progressivamente messa sullo sfondo nei suoi lavori successivi dedicati alla critica del capitalismo. Nella misura in cui Marx ritaglia la sua teoria sociale sul modo di produzione delle società capitalistiche, la fase antropologica del materialismo ZT

A. Schmidt, Il maJerialismo antropologico di Ludwig Feuerbach cit.

28

K. Marx, Il capitale, trad. it. di D. Cantimori, Roma, Editori Riuniti, 1980, libro I, p. 85, nota 18. 29 Ivi, pp. 211 sgg. Si veda anche}. Habennas, Conoscen1.ll e interesse, a cura di G.E. Rusconi, Lateaa, Roma, 1990, cap. I. 30 K. Marx, F. Engels, L'ideologia tedesca cit., p. 35; corsivo nel testo. Si veda anche la nota editoriale. 31

F. Engds, Ludovico Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classica tedesca,

in K. Marx, F. Engels, Opere scelte, a cura di L. Gruppi, Roma, Editori Riuniti, 1971, pp. 1112-1113.

ANTROPOLOGIA E MATliRIAUSMO STORICO

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storico, che Marx dopo tutto considera come la sua base, viene come cancellata. Nello stadio giovanile della sua critica, Marx aveva direttamente dato alla teoria del capitalismo la forma di una teoria del lavoro alienato; qui, a essere sotto attacco è il capitalismo in quanto modo di produzione fondato sulla proprietà privata dei mezzi di produzione, che rende quindi impossibile ai soggetti lavoratori di riconoscersi nei prodotti del loro stesso lavoro32 • Il Marx del Oipitale cerca invece un approccio metodologico completamente diverso alla critica del capitalismd3 • Non descrive più le relazioni sociali interne al capitalismo dalla prospettiva di un lavoro che plasma la soggettività, interpretandole come relazioni sociali alienanti, ma anzi ricostruisce immanentemente il processo di repressione della soggettività umana perpetrato dal capitale. Marx fa partire l'analisi del capitale dall'indipendenza storicamente acquisita dal processo di valorizzazione capitalistico, facendo quindi del processo in cui il valore autoincrementa se stesso il soggetto della sua teoria. In quanto assume che vi sia un'«identità strutturale>>-'4 tra il capitale e lo «Spirito» di Hegel, Marx ora può anche riagganciarsi in maniera sistematica alla struttura argomentativa della Logica di Hegel: l'indipendenza del capitale può essere rappresentata rifacendosi alle figure di pensiero usate per descrivere lo Spirito che coglie se stesso. Perciò, nei lavori sistematici della fase più tarda del suo pensiero, Marx astrae come Hegel da ogni riferimento alla soggettività umana al fine di poter adoperare la logica di Hegel per l'analisi del capitale, quale modello metodologico adatto per rappresentare l'astrazione realmente attuata dal capitalismo. Tuttavia, in questo modo, il rapporto tra dimensione riflessiva antropologica e teoria critica della società viene spostato. Senza dubbio, la teoria antropologicamente fondata degli scritti giovanili di Marx continua a essere incorporata nella sua critica matura ali'economia politica, dal momento che solo da tale prospettiva il soggetto storico del capitale può rivelarsi uno 32

Si veda H. Reichelt, La strultura logica del concelto di capitale in Marx, trad. it. a cura di R Coppellotti, Bari, De Donato, 1973, cap. I. 33 Si vedano Id., La strultura logica del conce/lo di capitale cit.; M. Theunissen, Krise der Macht: Thesen zur Theorie des dialeklischen Widerspruchs, in W.R Beyer (a cura di), Hegel]ahrbuch 1974, Koln, Pahl-Rugenstein Verlag, 1975, pp.318-329; R Bubner, DialekJik und Wissenschaft, Franlcfurt a.M., Suhrkamp, 1973, pp. 44 sgg.; H.-J. Krahl, Costituzione e lotta di classe, trad. it. di S. de Waal, Milano, Jaca Book, 1978, pp. 39 sgg. 34 H. Reichelt, La strullura logica del concello di capitale cit.

AGIRii SOCIALE li NATURA UMANA

pseudosoggetto basato sul lavoro umand5• Tuttavia, le riflessioni antropologiche giovanili perdono ogni peso nei passi argomentativi con cui viene condotta l'analisi del capitale. Nella fase più matura della teoria marxiana, perciò, la base antropologica del materialismo storico rimane completamente sullo sfondo. Tuttavia, Marx ha continuato a seguire con grande interesse la letteratura etnologica e antropologica del suo tempo, e la sua ricezione dell'etnologia contemporanea e della teoria biologica evoluzionista di Darwin è stata ben documentata e ricostruita'6• Sulla base di queste conoscenze, Marx ha potuto estendere l'orizzonte di spiegazione del materialismo storico anche alla preistoria dell'essere umano. Ma questo lavoro di ricerca confluisce solo in modo molto indiretto nella costruzione sistematica della sua critica dell'economia politica, ragion per cui il rapporto tra antropologia e materialismo storico è rimasto una questione controversa sino ai giorni nostri.

3. Posizioni nel dibattito marxista sull'antropologia Sino alla seconda guerra mondiale il significato delle teorie antropologiche per il materialismo storico non fu realmente oggetto di discussione, malgrado giocassero un ruolo non indifferente nelle teorie marxiste. Mentre la socialdemocrazia, pur appoggiandosi quasi esclusivamente a una prospettiva evoluzionistica, tentò di fondare antropologicamente il materialismo storico su una storia universale37, l'hegelo-marxismo si preoccupò di difendere la storicità del marxismo attraverso una critica di ogni antropologia)8 • Tuttavia, in queste due interpretazioni del materialismo storico, non si tematizzano né la portata teorica né il contenuto sostanziale dell'antropologia. Solo 35 Si vedano ivi, pp. 155-167; M. Theunissen, Krise der Macht cit., pp. 328 sg.; R Bubner, Dialektik und Wissenschaft cit., pp. 58 sg. 36 Si vedano L. Krader, Ethnologie und Anthropologie bei Marx, Miinchen, Hanser, 1973; E. Lucas, Die Rezeption Lewis H. Morgans durch Marx und Engels, "Saeculum", voi. 15, 1964, pp. 153-176; Id., Marx' Studien z.ur Friihgeschichte und Ethnologie 18801882: Nach unverol/ent/ichten Exz.erpten, "Saeculum", voi. 15, pp. 326-343. 37 A. von W~, Die Diskussion iiber den Historischen Materia/ismus in der deutschen Sovaldemokratie 1891-1918, Wiesbaden, Harrasowitz, 1965. 38 F. Cerotti, Hege4 Lukdcs, Korsch: Zum dialektischen Selbstverstandnis des Kritischen Marxismus, in O. Negt (a cura di), AktualiJat und Folgen der Philosophie Hegels, Frankfurt a.M., Suhrkamp, 1970, pp. 195-210.

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nel dopoguerra la discussione venne riaperta dalla presa di posizione, almeno negli intenti, inequivocabile assunta dal marxismo occidentale, critico nei confronti dello stalinismo. In questo contesto si ripensarono argomenti e analisi centrali della teoria marxiana, giungendo alla delineazione di una teoria positiva delle possibilità di autorealiu:azione dell'essere umano. Diventò cosl possibile, sullo sfondo normativo di una concezione dell'essere umano sviluppata attraverso l'antropologia, criticare al contempo i processi di alienazione, nel frattempo divenuti evidenti sia nelle società capitaliste occidentali sia nel socialismo burocratizzato. Ciononostante, con questa analisi delle sue premesse filosofiche di base, il marxismo occidentale postbellico non riusci a rendere le determinazioni antropologiche fondamentali più che dei generici principi guida, e dunque a estenderle, tramite le ricerche della biologia, a una vera e propria fondazione dei presupposti naturali della storia sociale. Né riusci a chiarire, nemmeno nel suo approccio teorico, il modo in cui si possono combinare argomentazioni antropologiche di carattere normativo con la ricostruzione storica del marxismo basata sull'economia politica. Da allora, nel marxismo occidentale si è vivacemente discusso sull'importanza dell'antropologia per il materialismo storico. Diversamente, in Europa orientale e nella sfera di influenza del marxismo-leninismo, le domande poste dall'antropologia divennero il punto di partenza per una critica, spesso timida e limitata a livello filosofico, dello stalinismo e del potere burocratic39• Oggi, in Europa occidentale, all'interno di interpretazioni dirette a valutare l'importanza degli scritti giovanili di Marx nello sviluppo complessivo del suo pensiero, ci si interroga sulla rilevanza teorica dell'antropologia per il marxismo. Il marxismo strutturalistico di Althusser è stato il primo ad aver cercato di chiarire, tramite una ricostruzione interpretativa della teoria marxiana, il livello su cui si collocano l'antropologia e l'argomentazione della critica marxista della società. Egli ha distinto cosl rigorosamente la struttura scientifica alla base dell'analisi marxiana del capitale dalla costruzione teorica antropologica degli scritti giovanili, da considerare come ideologici tutti i tentativi di fondare antropologicamente il materialismo storico (3 .1). Nel dibattito marxista francese, attraverso la sua teoria della personalità, Lucien Sève ha rivolto i temi antropologici 39

1966.

A. Schaff, Il marxismo e la persona umana, trad. it. di L. Tulli, Milano, Feltrinelli,

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della teoria marxiana contro la critica strutturalista all'antropologia. È all'antropologia dei primi scritti di Marx, secondo Sève, che va ricondotta la specifica prospettiva emancipatoria interna alla costruzione della critica dell'economia politica. Tuttavia, nello svolgimento della sua interpretazione del marxismo, Sève non mette a fuoco la finalità teorica di una fondazione antropologica del materialismo storico, ovvero la possibilità di una definizione normativamente orientata dei fondamenti naturali della socialità propria dell'essere umano (3.2.). Questa potenzialità teorica contenuta nell'antropologia degli scritti giovanili di Marx emerge nel lavoro di Gyorgy Markus, Il concetto di «essenza, umana» nella, filosofia del giovane Marx, che per tale motivo verrà considerato nella parte finale di questo capitolo (3.3.). Seguendo questo percorso di riflessione si dischiuderà la cornice teorica nella quale è possibile rifondare il materialismo storico sulla ricostruzione antropologica delle capacità di azione specifiche dell'essere umano. 3 .1. La critica strutturalista di Althusser all'antropologia L'interpretazione di Marx elaborata da Althusser è stata fortemente influenzata dalla fondamentale esperienza storica dello stalinismo. Sin dall'inizio, questa interpretazione si presenta come una critica della tradizione marxista, una tradizione a cui Althusser riconduce al tempo stesso sia l'origine teorica dello stalinismo sia l'inefficacia della critica marxista allo stalinismo40• Perciò, l'interpretazione strutturalista del marxismo di Althusser concentra tutti i suoi sforzi teorici nel rispondere alla domanda relativa agli errori interpretativi che hanno portato la teoria marxista a distorcersi nell'economicismo stalinista o nell'umanismo del marxismo occidentale. Nella sua «lettura sintomale» degli scritti di Marx, Althusser tenta di rispondere a questa domanda elaborando interpretazioni sempre nuove di tali scritti. Egli non considera lo sviluppo della teoria marxiana da una prospettiva cronologica, come una teoria dispiegatasi 40

Si veda, per esempio, il paradigmatico contributo di L. Althusser, Finalmente qualcosa di vitale si libera dalla crisi e nella crisi del marxismo, in Id., Potere e opposizione nella società post-rivoluzionaria. Una discussione nella sinistra. Atti del convegno tenuto a Veneiia nel 1977, Roma, Alfani, 1978, pp.222-229. Si veda anche l'articolo

in cui Valentino Gerratana argomenta contro la critica di Althusser allo stalinismo: V. Gerratana, Sur /es di/f,cultés de l'analyse du stalinisme, "Dialectiques,,, voli. 15-16, 1976, pp. 43-53.

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in stadi successivi; piuttosto, cerca di individuare le problematiche centrali che hanno strutturato l'orizzonte tematico dei singoli scritti di Marx41• Questa lettura orientata ai problemi è .finalizzata a dimostrare la presenza di una coupure epistemologica nello sviluppo della teoria di Marx. I fondamenti antropologici delle teorie degli scritti giovanili, a cui, secondo Althusser, fanno riferimento sia lo stalinismo sia la critica marxista allo stalinismo nello spiegare lo sviluppo storico tramite il nucleo di un sistema o di un agire su cui si costruisce la storia, vengono sostituiti negli scritti economici maturi di Marx da fondamenti teorici scientifici e strutturali. Solo su questi ultimi fondamenti, prosegue Althusser, è possibile ricostruire un marxismo legittimamente applicabile alle condizioni sociali dell'Europa occidentale. Così, Althusser interpreta la fase «scientifica» dello sviluppo teorico di Marx secondo il modello dell'analisi marxiana del capitale, che viene assunta come standard42 • La fase antropologica giovanile della teoria di Marx è invece spiegata alla luce della rilevanza che ebbe per Marx la critica di Feuerbach a Hegel. Per la critica globale dell'antropologia, che guida l'interpretazione del materialismo storico di Althusser, la sua immagine di Feuerbach ha quindi un'importanza centrale. Il cuore della sua argomentazione intende dimostrare comela critica antropologicamente fondata di Feuerbach all'idealismo tedesco ne mantenga in realtà la struttura argomentativa43 • Althusser documenta l'umanesimo filosofico di Feuerbach a partire dalla sua critica della religione: Feuerbach smaschera come ideologiche le concezioni del mondo documentate dalla storia della religione, interpretandole come proiezioni di un genere umano inconsapevole della sua attività costitutiva degli oggetti delle sue credenze religiose. Feuerbach generalizza poi l'argomento originario della sua critica alla religione nella tesi secondo cui tutti i fenomeni socio-culturali possono essere decifrati come autorealizzazioni proiettive dell'essere umano in quanto genere. Anche Althusser è consapevole dell'antifeudalismo rivoluzionario di questo materialismo antropologico: 41 42

L. Althusser, Per Marx, trad. it. di F. Madonia, Roma, Editori Riuniti, 1972. L. Alth~r et al., Leggere «Il Capitale», a cura di M. Turchetto, Milano, Mimesis,

2006. 43

L. Althusser, Per Marx cit., pp. 25 sgg.

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Non bisogna dimenticarsi che questo discorso, di cui ho potuto delineare solo le premesse, ha una certa grandezza, in quanto incoraggia a invertire l'inversione stessa prodotta dall'alienazione politica o religiosa; in altre parole, incoraggia a invertire la dominazione immaginaria degli attributi dell'essere umano44.

Tuttavia, Althusser cerca di far emergere dalla struttura fondante del materialismo di Feuerbach il problema teorico che, malgrado tutta la sua critica all'idealismo, egli condivide con il sistema hegeliano. Con l'intento di sostenere filosoficamente la razionalità di contro a una realtà irragionevole, Feuerbach recupera come Hegel il concetto di un soggetto che sta dietro al processo storico e che è in se stesso razionale e capace di costituire la storia. Mentre Hegel, in opposizione alla cattiva fatticità della storia, cerca di dimostrare la razionalità dello spirito che si realizza in maniera oggettiva attraverso la sua alienazione nella storia, Feuerbach desume la ricchezza naturale delle facoltà del genere umano dalle oggettivazioni sociali e culturali. Della problematicità di questa filosofia della ragione, la cui versione feuerbachiana, nel suo umanismo teorico, non fa che riprendere l'idealismo hegeliano anche se - per cosl dire - rovesciato specularmente, partecipa, insieme agli altri giovani hegeliani, anche il primo Marx. Althusser può cosl far rientrare diversi scritti di Marx nella problematica generale dell'umanismo: gli scritti giovanili di Marx rimangono filosoficamente umanistici nel loro modo di procedere argomentativo, poiché, seguendo il modello del materialismo antropologico di Feuerbach, intendono decifrare l'irrazionalità della realtà effettiva come l'oggettivazione di forze umane essenziali, cosl da rompere l'incantesimo dell'alienazione che permea il presente. Questo umanismo marxiano condivide le premesse storico-filosofiche tipiche della filosofia borghese, in quanto postula, nelle sue posizioni sia argomentative che politiche, un sostrato (naturale), a partire dal quale è possibile ricostruire la storia nei termini di un processo di estemalizzazione e alienazione delle forze essenziali dell'essere umano. Nella sua polemica contro l'umanesimo teorico di Marx, Althusser vuole pertanto mettere radicalmente in discussione una fondazione antropologica del materialismo storico, in cui 44

Id., 1st es ein/ach, in der Phi/osophie Marxist zu sein?, "S~.lialistische Politik",

voi. 8, nn. 34-35, 1976, pp. 29.

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i presupposti naturali della socialità umana vengono concepiti come la cornice di sviluppo del processo storico45 • Nel corso delle sue successive interpretazioni, Althusser ha datato in modo sempre diverso la cesura storico-teorica che dovrebbe separare nettamente l'umanismo marxiano dei primi scritti dalla teoria scientifica della storia delle opere mature. Se inizialmente Althusser muove la sua fondamentale critica a una fondazione antropologica del marxismo riferendosi solo alle opere giovanili di Marx che riprendono i temi dell'eredità feuerbachiana, fra tutte i Manoscritti economico-filosofici, successivamente, nella forma di una critica sistematica all'idealismo di Hegel, egli rintraccia il Marx umanistico fin nei singoli passi dell'argomentazione degli scritti più tardi. Ma l'interesse ultimo di Althusser è rivolto a quei passaggi dell'intera opera marxiana in cui è possibile riconoscere nella modalità argomentativa adottata i tratti fondamentali di una problematica postumanistica. Secondo Althusser, questa problematica rappresenta il quadro integrativo di tutta la teoria scientifica matura utilizzata da Marx nell'analisi del capitale. Da essa si può cogliere infatti la struttura argomentativa del marxismo strutturalista. A un centro della storia tacitamente attribuito al materialismo storico si sostituisce la struttura di un modo di produzione; una struttura in cui i sottosistemi sociali (relativamente autonomi) entrano in rapporti reciproci regolati dal sottosistema economico, che, in ultima istanza, ha una funzione determinante. Al posto di un continuum temporale della storia, vi sono quindi segmenti temporali indipendenti gli uni dagli altri, ognuno dei quali è determinato dalla specifica modalità di funzionamento del sottosistema sociale che vi sta alla base. Althusser tenta dunque di valorizzare nella loro interezza gli scritti economici più tardi di Marx, quali indicazioni interpretative per elaborare una tipologia scientifica di critica, che sostituisce la modalità argomentativa «centralistica» di un materialismo antropologico con una modalità argomentativa strutturalista propria di una teoria della storia depurata da presupposizioni filosofiche. Jacques Rancière, nel suo saggio Critica e critica dell'economia politica,, parte integrante della versione originale del lavoro collettaneo Leggere il capitale46, confronta queste due 45

Id., Per Marx cit., pp. 195 sgg. 46 J. Rancière, Cniica e critica dell'economia politica. Dai «Manoscritli del 1844» al «Capitale», in L. Althusser et al., uggere «Il C,apilale» cit., pp. 67-134.

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figure argomentative alla stregua di veri e propri idealtipi. Rancière interpreta in maniera paradigmatica i Manoscritti economico-filosofici come una teoria antropologica che spiega criticamente le figure economiche della produzione sociale alla luce del loro nucleo nascosto, la forma di vita dell'essere umano. Invece, in Per la critica dell'economia, politica, sostiene Rancière, Marx ha depurato a tal punto i suoi concetti economici da una qualunque eco o associazione antropologica, da riuscire a rappresentare il processo di accumulazione del capitale come un processo strutturale che si autoregola attraverso le sue contraddizioni, indipendentemente dalla dimensione intenzionale dell'agire umano. Perciò, in questo modello scientifico di critica, la critica del capitalismo trae il suo criterio di valutazione solo dalle contraddizioni strutturali interne alla formazione sociale presa in analisi, un criterio di valutazione che dimostra in maniera per cosl dire normativamente neutrale la necessità di superare il capitalismo. In questo modo, il marxismo sembra in grado di rinunciare a qualunque riflessione che faccia riferimento al potenziale di sviluppo specificamente umano, senza tuttavia dover abbandonare la sua intenzione di operare una critica sociale. Tuttavia, la critica sociale che emerge da questa depurazione strutturalistica della teoria di Marx è del tutto inefficace. Nella critica dell'economia politica, Marx astrae in maniera metodologicamente consapevole da tutte le possibilità interne alla natura umana di umanizzare il mondo. Vuole rappresentare solo i campi della realtà sussunti al processo di valorizzazione capitalistico, al fine dimettere indirettamente in evidenza il grado di autonomia raggiunto dal capitale. Invece, Althusser e i suoi allievi prendono questo procedimento dell'analisi del capitale come la verità ultima di un marxismo che si è fatto scienza. La scuola di Althusser riesce a ricostruire il materialismo storico su un fondamento teorico strutturalista solo trasformando la prospettiva circoscritta sulla realtà assunta da Marx all'interno della critica dell'economia politica nella verità ultima di una teoria marxista della società. Infatti, è solo tramite l'assunzione che la realtà sociale presentata da Marx nel Capitale sia estendibile all'intera socialità dell'essere umano scientificamente accessibile che lo strutturalismo riesce a recidere l'oggetto dell'analisi dal contesto dell'azione sociale, in maniera talmente netta da poterlo comprendere, infine, in una teoria strutturalista di un sistema di regole privo di un soggetto intenzionale. Anche nella sua analisi del capitale, Marx deve continuare, in ultima istanza, a fondare la critica della

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società capitalista su una riflessione antropologica che rimane consapevole del potenziale umanizzante e trasformativo della socialità umana di contro al processo di autonomizzazione del capitale da lui analizzato. Althusser, dal canto suo, amputa questo momento critico dal marxismo. La sua interpretazione delle opere di Marx conduce quindi a una teoria capace di comprendere le relazioni sociali unicamente nei termini di unità funzionali totalmente astratte da una soggettività, senza riuscire a tener conto dell'agire sociale su cui si fonda persino una società alienata dagli scopi e dai bisogni dei soggetti socialmente integrati47. Ma come riesce a spiegarsi i processi di apprendimento sociale, attraverso cui può a sua volta acquisire potere politico, in quanto interpretazione delle situazioni esistenti, una teoria della società che crede di dover astrarre da qualunque contesto d'azione storico-sociale? L'interpretazione strutturalista del marxismo ha depurato i suoi concetti fondamentali da ogni determinazione antropologica, e lo ha fatto in maniera così radicale da non riuscire più a percepire i processi storici nella loro intrinseca connessione con le lotte sociali e con i processi collettivi con cui si raggiunge un'intesa. Nel dibattito marxista francese, Lucien Sève ha mosso diverse obiezioni a questa deantropologittazione del materialismo storico, obiezioni che sono chiaramente inevitabili. Come è possibile avanzare come legittima e fondata una prospettiva marxista di superamento del capitalismo, se si rinuncia a una ricostruzione delle potenzialità umane celate e represse nelle società capitaliste, e se la mera rappresentazione delle contraddizioni strutturali del capitalismo non viene analizzata assieme alle potenzialità interne alla prassi sociale? Con queste obiezioni Sève tocca senza dubbio i punti deboli del marxismo strutturalista, senza però riuscire a trarre dalla sua argomentazione critica tutte le conclusioni possibili.

.f1 Si vedano A. Honneth, Geschichte und In1erak1ionsverha/1nisse. Zur s1ruk1ura/is1ischen Deutung des Historischen Materia/ismus, in A. Honneth, U. Jaeggi (a cura di), Theorien des Historischen Materialismus, Frankfurt a.M., Suhrkamp, 1977, pp. 405449; P.A Rovatti, Bruch und Grund/egung. Zu einer phinomeno/ogischen Kritik an Al,husser, in B. Waldenfds et al. (a cura di), Phinomeno/ogie und Marxismus, Frankfurt

a.M., Suhrkamp, 19TT, voi. I, pp. 178-196.

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3 .2. La teoria della personalità di Lucien Sève L'opera di Lucien Sève, Marxismo e teoria della personalità, è apparsa in Francia nel 1968. È uno scritto che cerca di risolvere in maniera sistematica i problemi fondamentali di una trattazione scientifica della personalità individuale svolta all'interno di una teoria economico-politica della società basata sulle opere di Marx. Per prima cosa, Sève distingue chiaramente il suo approccio dal riduzionismo fisiologico di una tradizione della psicologia sovietica sviluppatasi a partire da Pavlov, senza tuttavia prendere in considerazione il tentativo della «scuola storico-culturale» di Vygotskij e Leont'ev48 di superare immanentemente tale tradizione. Questo fatto già mostra come Sève speri di trovare la soluzione a questa problematica attraverso delle spiegazioni filoso.fiche, piuttosto che con una determinazione più precisa delle specificità degli esseri umani come esseri naturali. La scelta della prima opzione lo porta necessariamente a compiere una critica dettagliata delle due interpretazioni predominanti e conflittuali del marxismo. In contrapposizione a un umanesimo marxista orientato alla sola teoria dell'alienazione del giovane Marx, Sève conferisce un'enorme importanza al fondamento più vero del materialismo storico, la sua dimensione storica ed economica. Egli rifiuta una qualunque ripresa e valorizzazione delle tematiche antropologiche del marxismo realizzate al prezzo di destoricizzare e de-economicizzare la sua analisi e la sua teoria. Dall'altro lato, alla desoggettivizzazione strutturalista del materialismo storico Sève contrappone la continua presenza in Marx di questioni antropologiche e tematiche legate a una teoria della personalità: l'importanza paradigmatica che l'analisi del capitale riveste per il marxismo non deve portare alla rinuncia di una qualunque teoria della soggettività. La novità e il progresso apportati dall'approccio di Sève, che nel frattempo era considerato uno dei teorici più significativi della svolta «eurocomunista» dei comunisti francesi, risiedono nel suo tentativo di ricavare l'antropologia di Marx proprio dalle sue opere mature. Sève partecipa perciò al rinnovato tentativo teorico di rivendicare la legittimità scientifica della critica dell'economia politica di Marx, un tentativo che ha il suo segno più evidente negli scritti di Althusser, 48 Come panoramica sul lavoro di Vygotskij, si vedaJ.V. Wertsch, Vygots/ey and the Socia/ Fonnalion o/Mind, Cambridge, Haivard University Press, 1985.

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malgrado il disaccordo di Sève su diversi punti dell'interpretazione althusseriana delle opere di Marx. La chiave dell'argomentazione di Sève risiede nella sesta tra le Tesi su Feuerbach di Marx: «Feuerbach risolve l'essenza religiosa nell'essenza umana. Ma l'essenza umana non è qualcosa di astratto che sia immanente all'individuo singolo. Nella sua realtà essa è l'insieme dei rapporti sociali»49 • Ciò significa, secondo Sève che Pessere dei soggetti umani, la loro umanità storica concreta, non ha in nessun modo il suo sito o la sua origine direttamente nell'individualità umana considerata astrattamente, ma piuttosto e soprattutto nello sviluppo economico della società. La sesta tesi, perciò, stabilisce una distinzione fondamentale tra essere oggettivo del soggetto umano e la forma dell,individualità, e stabilisce che il carattere dell'individualità sia fondamentalmente subordinato alla base sociale oggettiva50•

Rifiutando ogni speculazione sull'essenza dell'essere umano, Sève sostiene che si debba delineare una teoria della personalità che tenga conto di questa distinzione sin dall'inizio e fino in fondo. Tuttavia considera anche come nella sesta tesi su Feuerbach Marx non abbandoni il concetto stesso di «essenza umana». Nella parte successiva della sesta tesi, Marx rimprovera Feuerbach per il fatto che la sua concezione asociale del concetto di «essenza umana» lo ha necessariamente portato «l. ad astrarre dal corso della storia» e «a presupporre un individuo umano astratto - isolato», ragion per cui «2. l'essenza umana può dunque essere concepita soltanto come "genere", cioè come universalità interna, muta, che leghi molti individui naturalmente>Y 1• Quindi, secondo Sève, Marx non si disfa del concetto di «essenza umana>> in quanto tale; piuttosto il capovolgimento del punto di vista sterile dell, umanismo astratto, delle frasi vuote sull,essenza umana intesa in senso idealistico, [rende] possibile il passaggio a una concezione scientifica feconda degli individui concreti e del loro sviluppo storico, perché gli individui sono compresi finalmente in base alla loro vera essenza: i rapporti sociali52• 49

K. Marx, Tesi su Feuerbach cit., p. 5. Corsivo nel testo.

50 L. Sève, Marxismus und Theorie der Personlichkeit, Frankfurt a.M., Suhrkamp, 1973, pp. 67 sg. 51 52

K. Marx, Tesi su Feuerbach cit., p. 5. Corsivo nel testo.

L. Sève, Marxismo e teoria della personalità. Proposte per una psicologia concreta, trad. it. diS. Ade e M. Miegge, Torino, Einaudi, 1973, p. 80.

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Sève tenta di riportare il concetto di «essenza umana>> del giovane Marx all'interno della cornice della critica dell'economia politica. Rifiutandosi di intendere l'essenza umana come una qualità astratta inerente a ogni individuo umano, e adottando al tempo stesso un concetto di «essenza umana>> con cui riferirsi alle relazioni sociali, Marx dischiude un doppio orizzonte teorico per una teoria marxista del soggetto umano. In primo luogo, l'individuo viene concepito come un soggetto socialmente integrato; e ciò permette, in secondo luogo, di tematizzare la questione dei processi materiali di socializzazione con cui gli individui si riproducono collettivamente tramite l' appropriazione delle risorse naturali e per mezzo di determinate relazioni di produzione storicamente concrete. Il carattere riuscito dell'interpretazione di Sève e la sua superiorità teorica rispetto a un rappresentante dell'«umanesimo speculativo» come Adam Schaff risiedono nella sua decisione di non limitarsi a una definizione degli esseri umani quali esseri sociali e capaci di azioni oggettive, ma di porsi la domanda successiva sul concetto appropriato di , non è di certo qualcosa di astratto immanente ai singoli individui, essendo anzi teoricamente accessibile solo nella sua integrazione sociale, realizzata attraverso i processi di socializzazione. Tuttavia, le possibilità d'azione soggettive, specificamente umane dell'essere umano non si esauriscono nella forma che assumono all'interno del processo di integrazione sociale capitalistico. Negli scritti di Marx, sia il concetto di «essenza umana» che il concetto di «prassi» o di «società>> hanno un significato normativo eccedente e volto a superare le condizioni date nel capitalismo, che Sève non coglie. Nell'interpretazione di Sève, la dimensione normativa del concetto antropologico di «essenza umana» di Marx, che viene mantenuta 54

Si veda K. Marx, F. Engels, L'ideologia tedesca cit., p. 24.

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anche nel concetto di «personalità», non è l'unica cosa ad andar persa per strada. Sève non riesce altresì a cogliere come la critica di Marx a Feuerbach non neghi affatto l'importanza della dimensione della naturalità messa in primo piano da Feuerbach, e dunque la rilevanza del fondamento naturale della soggettività umana, nonostante la sua linea argomentativa abbia precipuamente come finalità ultima la comprensione scientifica dei rapporti sociali. Il fatto che Marx nella sesta tesi su Feuerbach contesti che l'essenza umana, nella formulazione di Feuerbach, «può dunque essere concepita solo come "genere", cioè come universalità interna, muta, che leghi molti individui naturalmente>~5, non significa che non sia rilevante e necessario interrogarsi sui presupposti naturali che stanno alla base delle attività e delle forme di prassi proprie degli esseri umani, anche se queste ultime non sono certo sussumibili dai primi. Per questo motivo interrogarsi sui fondamenti naturali della società specificamente umana rimane essenziale per la fondazione di una teoria marxista della personalità. In nessun modo il testo delle Tesi su Feuerbach dà adito a mettere in contrapposizione le due dimensioni della doppia determinazione dell'essere umano sviluppata nell'antropologia del giovane Marx, ovvero la dimensione degli esseri umani in quanto organismi naturali dotati di coscienza e la loro dimensione di individui sociali. L'aver trascurato le caratteristiche naturali fondamentali della socialità umana ha portato Sève a non essere critico verso quel campo di ricerca che egli chiama «neurofisiopsicologia», un neologismo con cui segnala già in partenza il suo disinteresse verso l'oggetto di studio di tale branca del sapere. Tralasciando i contenuti normativi Sève non solo non riesce più a motivare la necessità dell'emancipazione, ma ne volatilizza anche i contenuti: il suo ideale dello sviluppo personale è la qualificazione politecnica, ma non anche la socializzazione politica finalizzata allo sviluppo di un'azione autodeterminata nei processi decisionali democratici. E ancora, la sua concezione delle forme dell'individualità rimane piattamente funzionalista, in quanto prende in considerazione solo il processo di determinazione delle individualità sulla base delle esigenze sociali, e non anche l' autodefinizione e l'unicità del contributo pratico degli individui. Nel suo concetto di «biografia» manca l'autodeterminazione del singolo 55

K. Marx, Tesi su Feuerbach cit., p. 5. Corsivo nel testo.

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rispetto alla sua vita futura, cosl come la dimensione dell'unità di senso del corso della vita raggiunta attraverso una sintesi delle capacità e dei contributi dell'io. Sève riproduce l'opposizione tra individuo e società ai più diversi livelli della sua formulazione concettuale, malgrado i suoi sforzi fossero inizialmente diretti proprio a superare tale opposizione. La sua ricostruzione dell'antropologia di Marx, pertanto, resta insoddisfacente sotto ogni aspetto, e le sue proposte concrete non raggiungono neppure il livello della sua interpretazione degli scritti di Marx. Contro lo strutturalismo di Althusser, Sève include a buon diritto il concetto di «genere» degli scritti giovanili di Marx nella costruzione di una teoria marxista della personalità, ma trascura le condizioni organiche e le potenzialità di sviluppo storico della socialità umana. Proprio in queste due dimensioni cerca di inoltrarsi Gyorgy Markus con la sua opera Marxismo e 58• Marx parte dall'idea che tramite la forma di attività specifica del genere umano, il lavoro, l'essere umano si relaziona coscientemente e socialmente alla natura che lo circonda. Partendo da questa struttura dell'agire, Markus riesce a individuare due ulteriori peculiarità dell'essere umano, che definiscono le condizioni da cui prende avvio lo sviluppo storico del genere umano. In primo luogo, la lavorazione collettiva della natura porta necessariamente i soggetti coinvolti in questa attività a relazionarsi con le operazioni pratiche degli altri individui con cui agiscono; la creazione intersoggettiva delle società comincia dunque dalle relazioni di cooperazione interne all'originario processo di divisione del lavoro. Inoltre, nei processi lavorativi, le conoscenze tecniche di una generazione passano a quella successiva; in questi processi di socializzazione, il genere umano assicura le sue possibilità di sopravvivenza. In secondo luogo, i processi lavorativi sono altresì la precondizione organicamente radicata dell'autocoscienza che caratterizza l'essere umano. Dal momento che l'attività umana diretta all'oggetto naturale, a differenza del comportamento animale regolato dagli istinti, non si fonde immediatamente con la necessità di soddisfare i bisogni, l'essere umano può diventare cosciente delle intenzioni della sua stessa azione in relazione alla natura, che non stimola più in maniera diretta i suoi impulsi, e che diventa, ai suoi occhi, oggettiva. Attraverso il lavoro, l'essere umano si esperisce come un agente, un soggetto dell'azione, che è fuoriuscito dalla natura e segue le predisposizioni connesse ai suoi bisogni. In virtù di tale distanziamento, l'essere umano diventa capace di allontanare da sé l'ambiente naturale, così da poterlo poi influenzare in maniera consapevole. 58

lvi, p. 46.

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Secondo l'antropologia marxiana, intersoggettività e coscienza sono dunque le caratteristiche del genere umano intrinseche alla struttura d'azione del lavoro, che l'individuo sviluppa e impara a esercitare solo attraverso il processo dell'evoluzione naturale. Insieme al lavoro, rappresentano le tre particolarità specifiche dell'essere umano, da cui dipendono intrinsecamente le potenzialità di sviluppo del genere umano. Seguendo Marx, Markus considera il processo di emancipazione sociale nei termini di un processo di universalizr.azione delle capacità essenziali per la vita umana. Questa conce'Lione permette di interpretare la storia del genere umano anche nei termini di un progresso in cui l'ampliamento dell'appropriazione economica della natura si accompagna ali'aumento del margine di realizzazione della possibilità agentive dell'essere umano59• In questo modo, Markus può condurre una critica dell'economia politica in quanto critica della formazione sociale capitalistica non solo in base a un criterio di razionalità economica, ma anche in base a un criterio di razionalità pratico-morale. L'universaliuazione della capacità d'azione specifica del genere umano, dunque del lavoro, può essere rappresentata tracciandola lungo un doppio asse su cui rendere visibile come alla trasformazione della natura si affianchi anche la crescita delle capacità conoscitive degli esseri umani. L'universalizzazione dell'intersoggettività strutturalmente intrinseca ai processi lavorativi può essere raffigurata invece proiettandola su un singolo asse, lungo il quale l'unità del genere umano, inizialmente solo presupposta, diventa un «fatto storico-universale ed empiricamente universale>> attraverso la graduale ed economicamente necessaria interconnessione di tutte le singole comunità produttive. Infine, l'universaliuazione della facoltà umana della coscienza si può presumibilmente immaginare lungo un asse sul quale forme di appropriazione della realtà sempre più emancipate dalla spinta alla soprawivenza si affermano in concomitanza al graduale distacco del pensiero produttivo dal processo del lavoro sociale. Nella sua interpretazione dei fondamenti antropologici della teoria di Marx, Markus riesce perciò a instaurare una connessione tra antropologia e materialismo storico in grado di conciliare il riferimento teorico alle condizioni organiche di sviluppo della socialità umana con la costruzione, attraverso l'uso di categorie economiche e 59

Ivi, p. 91.

ANTROPOLOGIA E MATERIAUSMO STORICO

politiche, di un processo storico in divenire. In una ricostruzione antropologica del potenziale d'azione proprio del genere umano, il materialismo storico riesce perciò a mantenere le dimensioni sociali in cui, in un processo che rimane sempre incerto, la soggettività umana impara a realizzarsi attraverso l'ampliamento storico dell'elaborazione della natura. In questo senso Marx ha «storicizzato» il concetto di «essenza umana>> senza rinunciare alle sue radici biologiche. Marx ha inteso, sembra, per «essenza umana» principalmente quelle caratteristiche della esistenza reale, storica dell,umanità che rendono possibile capire la storia come un processo continuo e unificato che tende a svilupparsi. L'universalità dell,uomo [ ... ] e la sua libertà segnano la din2ione generale del progresso storico dell,umanità, mentre la caratterizzazione dell,uomo come essere sociale cosciente, impegnato in un automatismo produttivo materiale si riferisce a quegli aspetti necessari, a quelle dimensioni del totale processo di sviluppo sulle cui basi la suddetta tendenza storica si svolge e nelle cui sfere diventano manifestiOO.

Consigli di lettura Feuerbach e Marx In questo contesto di indagine, gli scritti di Feuerbach di maggiore interesse sono primariamente i lavori scritti nell'arco di tempo tra il 1842 eil 1843, e in specifico, i Principiper una filosofia dell'avvenire del 1843.Ilavoriinquestionesonoraggruppatinellaseguenteedizionetedesca con un'Introduzione a cura di K. Lowith: L. Feuerbach, Kleine Schrifterz, Frankfurt a.M., Suhrkamp, 1966. Oltre ai Grundsatzen der Philosophie der Zukunft (pp. 145-219; trad. it. di L. Casini, Principi della filosofia dell'avvenire, in Id., La filosofia dell'avvenire, Roma-Bari, Lateaa, 1994, pp. 111-197), il volume contiene le Vorlii'ufige Thesen zur Reform der Philosophie (pp. 124-144), ovvero le Tesi preliminari per /a, riforma della filosofia, e Notwerzdigkeit einer Veranderung (pp. 220-236; trad. it. in C. Ascheri, Feuerbach 1842. Necessità di un cambiamento ed altri saggi, Firenze, Sansoni, 1970). Inoltre, per una conoscenza dell'area tematica sulla quale si fondano in maniera essenziale i contributi e i risultati sostanziali del pensiero di 60

lvi, p. 86. Corsivo nel testo.

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Feuerbach, si veda L. Feuerbach, L'essen1/l del cristianesimo, a cura di E Tomasoni, Roma-Bari, Laterza, 1997. Per un approccio alla letteratura secondaria su Feuerbach, si consigliano i seguenti lavori. Sulla riabilitazione del sensualismo si veda A. Schmidt, Il materialismo antropologico di Ludwig Feuerbach, trad. it. di G. Valera e G. Marramao, Bari, De Donato, 1975. Sulla riabilitazione dell' «altruismo», owero sulla concezione dell'intersoggettività di Feuerbach, si vedano K. Lowith, L'individuo nel ruolo del co-uomo, a cura di A Cera, Napoli, Guida, 2007; Id., Ludwig

Feuerbach und der Ausgang der kklssischen deutschen Philosophie, "Logos", voi. 27, 1928, pp. 323-347. Uno studio essenziale sugli scritti del giovane Feuerbach (antecedenti al 1842) si trova in C. Ascheri, La rottura di Feuerbach con la specuklzione. Introduzione critica a Feuerbach 1842. Necessità di un cambiamento, in Id., Feuerbach 1842 cit. Per un contributo sulla relazione tra Feuerbach e Marx, straordinario da un punto di vista filologico, si veda W. Schuffenhauer, Feuerbach und der junge Marx.

Zur Entstehungsgeschichte der marxistischen Weltanschauung, Berlin (GDR), Deutsche Verlag der Wissenschaften, 1972. Un'eccellente interpretazione comprensiva delle opere di Feuerbach, incluse quelle più tarde meno conosciute, si trova in M. Wartofsky, Feuerbach, Cambridge, Cambridge University Press, 1977. Marx si è servito del materialismo antropologico di Feuerbach come di una spada nella sua critica alla dialettica di Hegel dei Manoscritti economico-filosofici, scritti nel 1844 (K. Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, a cura di E Andolfi e G. Sgro', NapoliSalerno, Orthotes, 2018). La sua critica a Feuerbach la presenta invece oculatamente nelle Tesi su Feuerbach (K. Marx, Tesi su Feuerbach, in K. Marx, E Engels, Opere complete, a cura di E Codino, Roma, Editori Riuniti, 1972, voi. V, pp. 3-5), per poi svilupparla estesamente nell'opera a quattro mani con Engels del 1845-1846, L'ideologia tedesca (K. Marx, E Engels, L'ideologia tedesca, in lid., Opere complete, a cura di E Codino, Roma, Editori Riuniti, 1972, voi. V, pp. 7-574. Si veda soprattutto il cap. I; per la presente discussione sono importanti anche i manoscritti di Marx ed Engels pubblicati in Appendice). Nel 1886 Friedrich Engels ha un'altra volta riassunto il significato e l'importanza della filosofia di Feuerbach in E Engels, Ludwig Feuerbach e il punto di approdo della filosofo; classica tedesca, in K. Marx, E Engels, Opere scelte, a cura di L. Gruppi, Roma, Editori Riuniti, 1971, pp. 1101-1147.

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Un'interpretazione importante e sempre degna di nota della relazione di Marx con il pensiero di Feuerbach e dei giovani hegeliani si trova in K. Lowith, Da Hegel a Nietzsche. La frattura rivoluzionaria, nel pensiero del secolo XIX, a cura di G. Colli, Torino, Einaudi, 2000. Per le nostre ricerche è rilevante anche A Schmidt, Il concetto di natura in Marx, a cura di R Bello.fiore, Milano, Edizioni Punto Rosso, 2018. Lo specifico statuto metodologico della critica di Marx ali'economia politica in relazione ai suoi scritti giovanili è illustrato soprattutto nelle seguenti interpretazioni: H. Reichelt, La struttura logica del concetto di capitale in Marx, trad. it. a cura di F. Coppellotti, Bari, De Donato, 1973; H.-J. Krahl, Logica dell'essen1JJ e analisi ma,rxitJ,na della merce, in Id., Costituzione e lotta di classe, trad. it. a cura di S. de Waal, Milano, Jaca Book, 1978, pp. 39 sgg. Uno dei primi lavori in cui si è presa in analisi la peculiarità teorica de Il Capitale è del .filosofo polacco Jindrich Zeleny: J. Zeleny, Die Wissenschaftslogik bei Marx und «Das Kapital», Berlin, De Gruyter, 1968. Le interpretazioni di Marx sono ormai praticamente innumerabili. Tra queste, i lavori che considerano in maniera abbastanza approfondita e dettagliata la dimensione antropologica della teoria di Marx sono: H. Dahmer, H. Fleischer, Karl Marx, in D. Kasler (a cura di), Klassiker des soziologischen Denkens, Miinchen, C.H. Beck, 1976, voi. I, pp. 62 sgg. (si veda anche la bibliografia della letteratura secondaria, pp. 368 sgg.); L. Krader, Ethnologie und Anthropologie bei Marx, Miinchen, Hanser, 1973. Sono utili anche gli studi brevi di E. Lucas: Die Rezeption Lewis H. Morgans durch Marx und Engels, "Saeculum", voi. 15, 1964, pp. 153-176; e Marx' Studien zur Fruhgeschichte und Ethnologie 1880-1882: Nach unveroffentlichten Exzerpten, "Saeculum", voi. 15, 1964, pp. 326-343. Il dibattito marxista sull'antropologia Rispetto all'interpretazione di Feuerbach e alla critica dell'antropologia, il lavoro più importante di Althusser è di certo L. Althusser, Per Marx, trad. it. di F. Madonia, Roma, Editori Riuniti, 1972. Qui, l'articolo intitolato I «manifesti filosofici» di Feuerbach offre un' analisi e una critica del materialismo antropologico di Feuerbach. In relazione all'interpretazione di Althusser degli scritti giovanili di Marx è di interesse anche il volume di saggi L. Althusser, Marxismus und Ideologie, Berlin, Verlag fiir das Studium der Arbeiterbewegung, 1973. L'interpretazione di Althusser della teoria

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di Marx è sistematicamente elaborata in L. Althusser et al., Leggere «Il Capitale», a cura di M. Turchetto, Milano, Mimesis, 2006. Un testo molto importante per la critica della problematica «umanistica» del giovane Marx è quello di J. Rancière, Critica e critica dell'economia politica. Dai «Manoscritti del 1844» al , è in realtà molto fuorviante, in quanto lo scopo che essa perseguiva non era stabilire mere determinazioni filosofiche. Piuttosto, questa corrente di pensiero tentava di identificare in maniera non speculativa la «struttura fondamentale dell'essere umano», attraverso una comparazione dell'essere umano e animale e tramite un'analisi e una riappropriazione critica di tutti i possibili risultati delle scienze della natura e della cultura. La cosiddetta «antropologia filosofica>> si sviluppò in un contesto di tendenze più generali che miravano a liberare la filosofia dalla sua concentrazione sulla gnoseologia, per aiutarla a ritornare alla concretezza dei suoi oggetti di studio e a uscire dai suoi tradizionali vicoli ciechi. Vi era perciò l'urgenza di chiarire la relazione tra scienze della natura e scienze socio-culturali, ma non più tracciando confini sulla base di definizioni, come si era fatto in precedenza, quanto occupandosi degli oggetti di indagine dei campi scientifici a cavallo tra varie discipline, come la biologia. L'antropologia filosofica riscosse una grande attenzione pubblica, assumendo un carattere quasi alla moda che sarebbe stato superato solo dall'esistenzialismo. La seguente caratterizzazione schematica delle tematiche principali, delle maggiori controversie e degli autori fondamentali di questa corrente sviluppatasi dal fermento degli anni Venti del Novecento ha la finalità immediata di collocare sin da subito in un preciso contesto storico e scientifico le antropologie di Arnold Gehlen e Helmuth Plessner, estremamente significative per la nostra impalcatura teorica e il nostro progetto sistematico, per poi dimostrare come la relazione tra

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affermazione fattuali e posizioni politiche non sia in nessun modo lineare, come invece sostiene qualche critico di Gehlen. Nondimeno, è possibile rintracciare i precursori dell'antropologia filosofica risalendo molto più indietro nella storia, e fame una ricostruzione equivarrebbe quasi a delineare un quadro dell'intera storia dell'idealismo e del postidealismo, principalmente di area tedesca 1• L'antropologia di Kant rappresentava ancora il tentativo tradizionale di combinare e unificare le diverse conoscenze sugli esseri umani. Le fonti di queste conoscenze andavano trovate nella descrizione della natura e nelle esperienze di vita, non nella speculazione metafisica o nell'analisi fisica. Il vero punto di partenza della tradizione dell'antropologia tedesca consistette tuttavia nella reazione del Romanticismo all'etica e alla filosofia della storia dell'Illuminismo, per come esse erano rappresentate da Kant. Herder va incluso tra i precursori dell'antropologia filosofica, dal momento che il suo lavoro fece da apripista a questa critica romantica. Nel Romanticismo, la filosofia della storia cedette il passo alla filosofia della natura, che non era però una filosofia della natura in sé, quanto un tentativo di comprendere l'essere umano attraverso la .filosofia della natura. Questo tentativo rese le confuse teorie antropologiche del Romanticismo tedesco il comune punto di partenza di due tradizioni del pensiero e della ricerca antropologici. Da una parte, Feuerbach può essere considerato un difensore degli argomenti - citati in precedenza - diretti contro il tentativo di Hegel di reintegrare la critica romantica in una .filosofia della storia. Perciò, gli scritti di Feuerbach e il messaggio della sua antropologia, che rimasero vitali e pervasivi nel marxismo, si originarono a partire dallo stesso impulso da cui presero vita, d'altra parte, la tarda filosofia di Schelling e il nuovo approccio radicale di Schopenhauer. Ciononostante, Schopenhauer in particolare e Nietzsche in quanto suo ammiratore furono i pensatori che l'«antropologia filosofica» tedesca invocò a più riprese. Rispetto a loro, Herder e soprattutto Feuerbach sono menzionati pochissimo. La filosofia di Schopenhauer rappresenta senza dubbio la rottura più radicale con la metafisica della ragione occidentale. Naturalmente anche questa metafisica è sempre stata consapevole della tensione tra la natura razionale dell'essere umano e la sua natura corporea. 1 Un,analisi utile della storia dell,idealismo e del postidealismo tedesco si trova in H. Schnadelbach, Philosophy in Germany 1831-1933, Cambridge, Cambridge University Press, 1983.

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Tuttavia, in questa tradizione non v'era dubbio che la ragione esercitasse un suo potere autonomo e che le si dovesse attribuire maggior valore. Nel pensiero di Schopenhauer queste assunzioni indiscusse vennero messe in crisi e private della loro efficacia. Egli concepisce infatti l'esistenza di una volontà umana di natura animale e organica, e ne considera il primato e l'indipedenza rispetto alla ragione inerente ali' essere umano. Schopenhauer intravede la felicità nel liberarsi dalla volontà. Nietzsche ribalta la metafisica della volontà di Schopenhauer e sostituisce il desiderio della liberazione dalla volontà con l'affermazione di una irrefrenabile volontà di vivere e intensificare la vita, con una volontà di potenza. Sebbene questi due pensatori abbiano attribuito un valore diverso a questo nuovo concetto di volontà, si può rivolgere uno stesso interrogativo critico al loro radicale rifiuto di ascrivere un'importanza centrale alla ragione. Owero, ci si può chiedere se abbiano effettivamente superato il dualismo cartesiano o se abbiano solo operato un'inversione del cartesianesimo2 attraverso un semplice ribaltamento del rapporto tra corpo e ragione. La tensione tra le due diverse soluzioni a questo problema, dunque tra l'abbandono della metafisica della ragione e la preseivazione delle caratteristiche distintive dell'essere umano stabilite da questa metafisica, caratterizza il contesto in cui si sviluppano i tentativi empirici di elaborare una teoria antropologica. Lo scopo alla base dell'antropologia filosofica3 era il superamento dei confini disciplinari interni ali'organizzazione e alla conduzione delle ricerche scientifiche, per unificare non solo filosofia e scienza, ma tutte le scienze nelle loro rispettive asserzioni sull'essere umano. La conoscenza suddivisa in scienze specifiche era - così sembrava - inutile in assenza di una loro sintesi. Dietro all'urgenza per questa sintesi, tuttavia, non vi era l'astratto desiderio di una conoscenza universale, ma piuttosto - e da qui si ricava il secondo scopo essenziale dell'antropologia filosofica - il sentito bisogno di una conoscenza pratica, di una «forza per condurre e dare forma alla propria vita» secondo Seifert, il bisogno di una «visione del mondo» secondo Haering. La scienza era considerata un'impresa che diventava 2

W. Schulz, Philosophie in derveranderten We/J, pfulllngen, Neske, 1972, p. 401. 3 Si vedano, per esempio, F. Seifert, Zum Verstiindnis der anthropologischen Wende in der Philosophie, "Blitter fiir Deutsche Philosophie,,, voi. 8, 1934-1935, pp. 393-410; T. Haering, Die philosophische Bedeutung der Anthropologie, "Blitter fiir Deutsche Philosophie,,, voi. 3, 1929-1930, pp. 1-32.

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significativa solo se riconnessa ai problemi di una crisi culturale percepita come epocale. Rimaneva naturalmente aperta la questione di quale visione del mondo dovesse emergere da questa sintesi, e se questa visione del mondo fosse destinata a legare socialmente gli individui tra loro o ad aiutare l'individuo a scoprire il senso della sua vita. Ma in ogni caso, i dibattiti sull'antropologia erano già carichi di questioni serie, distintive di un'intera epoca. Le varie correnti di pensiero orientate verso l'antropologia condividevano anche l'intenzione di fuoriuscire dai limiti di una concezione razionalistica e individualistica dell'essere umano. Rispetto a tale intenzione resta tuttavia poco chiaro se la critica al razionalismo debba essere interpretata come la ricerca di una razionalità più alta o come l'abbandono all'irrazionalità, e se la critica dell'individualismo della società borghese sia da intendersi come la ricerca di una più alta forma di integrazione dei singoli individui in una società solidale o di una loro subordinazione repressiva a un collettivo. In ogni caso, un'altra finalità essenziale dell'antropologia filosofica era la delineazione di un concetto di [Dasein] dell'individuo umano, ma non con l'intenzione di delineare una teoria scientifica, quanto di chiarire la matrice dei problemi dell'esistenza, ovvero dell'individuo. Il contesto di tali analisi viene tracciato dall'intenzione di Heidegger di sviluppare un'ontologia e trovare una risposta alla questione del senso dell'&sere risalendo alla sola forma di vita in grado di giungere a una comprensione sia dell'&sere che di se stessa. Attraverso queste riflessioni Heidegger assume una posizione particolare, a cavallo tra antropologia e filosofia trascendentale. Anche lui partecipa sino a un certo punto alla svolta antropologica della filosofia trascendentale, ma si oppone alla dissoluzione della filosofia nell'antropologia. La sua «analisi del Dasein» non si prefigge di espletare il compito dell'antropologia, malgrado abbia indubbiamente delle implicazioni antropologiche che, per di più, sono state sviluppate nella sua ricezione. Se Essere e tempo accetta e riconosce il compito dell' antropologia5, ciò non vale per il pensiero successivo di Heidegger. Sebbene Heidegger non venga associato ali'antropologia filosofica sotto molti aspetti, per esempio per la sua svalutazione della scienza quale branca del sapere meramente secondaria e derivata, e sebbene la sua filosofia miri più lontano e al tempo stesso si ponga una finalità più limitata rispetto ali'antropologia filosofica, ci si può interrogare sull'apporto specifico del suo pensiero a un'antropologia filosofica. Il contributo del suo pensiero risiede soprattutto nel fatto che Heidegger sposta in maniera decisa l'attenzione sulla struttura dell'autoriflessività umana, e in questo modo- come ha fatto Scheler con il concetto di persona - individua una caratteristica fondamentale dell'essere umano che non è risolvibile nei termini di una psicologia delle facoltà. Heidegger pensa questa autoriflessività nella sua struttura temporale, dunque non semplicemente nel suo guardare al passato, liberandosi da esso, ma anche nel suo riferirsi necessariamente a progetti pratici proiettati verso il futuro. Tuttavia, la posizione intermedia tra antropologia e filosofia trascendentale assunta da Heidegger, essenziale per gli argomenti cardine del suo 4 H. Plessner, Al di qua dell'utopia. Saggi di sociologia della cultura, trad. it. di F. Salvatori, Torino, Marietti, 1974, pp. 188-189. 5 M. Heidegger, Essere e tempo, a cura di F. Volpi, trad. it. di P. Chiodi, Milano,

Longanesi, 2005, pp. 68 sgg.

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pensiero, viene criticata da Plessner attraverso argomenti convincenti che, persino nei toni, ricordano la critica di Feuerbach a Hegel: Può esistere solo colui che vive, indipendentemente dal livello in cui vive. Chiudersi in se stessi e fondare la vita solo su una delle possibilità dell'essere umano, owero l'esistenza, significa rendere il perseguimento da parte dell'essere umano di una ricerca su se stesso - resa possibile in virtù della relazionalità che ha con se stesso - la sola direttiva legittima di un'antropologia portata avanti per uno scopo pratico. [. .. ] Quali condizioni devono essere soddisfatte perché la dimensione dell'esistenza sia fondata sulla dimensione della vita6?

Una critica seria fu mossa all'intera impresa dell'antropologia filosofica già mentre era ancora in corso di elaborazione. Husserl fu molto più radicale del suo allievo Heidegger nello stabilire i confini tra l'antropologia e la sua .filosofia7; lo accusò addirittura di antropologismo per essersi riferito alla coscienza finita della singolarità esistente piuttosto che alla sua dimensione trascendentale, e per non aver più negato a tutta la conoscenza scientifica o prefilosofica di prendere parte alla fondazione della .filosofia. Con la difesa incondizionata del suo approccio trascendentale, Husserl voleva opporsi a quei pericoli irrazionalistici che indubbiamente si stavano profilando all'orizzonte sulla scia dei lavori di Heidegger e di alcuni rappresentanti dell'antropologia filosofica. Anche le importanti e accurate valutazioni di Joachim Ritter sull'antropologia filosofica erano dettate dallo scetticismo relativamente alla possibilità di salvaguardare le scienze dall'essere sopraffatte dal bisogno di Weltanschauungen. La debolezza della sua posizione consisteva nel fatto di formulare sl un rifiuto di tale bisogno, senza tuttavia riuscire a offrirne una riformulazione più razionale8 • A differenza di Dilthey, che aveva ancora creduto nella possibilità di visioni del mondo quali forme illuminate della ragione pratica, Ritter poteva solo suggerire di mantenere una conoscenza scientifica compartimentalizzata e parcellizz.ata. In Ritter, perciò, non si trovano né una sintesi alternativa né idee per ridefinire l'impresa della scienza al fine di rafforzarne internamente la capacità di sintesi. 6 H. Plessner, Die Frage nach der Conditio humana, Frankfurt a.M., Suhrkamp, 1976, pp. 188sgg. 7 E. Husserl, Fenomenologia e antropologia, in E. Husserl, M. Heidegger, Fenomenologia, a cura di R. Cristin, Milano, Unicopli, 1999, pp. 189-207. 8 J. Ritter,Soggellivilà, a cura di T. Griffero, Genova, Marietti, 1997, pp. 5-27.

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Qui del gran numero di autori che hanno pensato e scritto nel solco dell'antropologia filoso.fica ci limitiamo a ricordarne brevemente solo alcuni. L'originale contributo di Erich Rothacker consistette, in particolare, nel contrapporre alla concezione dell'essere umano come essere aperto al mondo il suo posizionamento, reso necessario dall'azione, in contesti culturalmente e linguisticamente specifici, e, dunque, nel collegare l'antropologia filoso.fica ali'antropologia culturale in una forma che risolse la tensione tra azione e rappresentazione del mondo. L'antropologia di Emst Cassirer, pubblicata in inglese durante il suo esilio dalla Germania, attinse ampiamente a studi e risultati empirici, che gli permisero di concepire l'essere umano non più come un animal rationa,le, ma come un animal symbolicum, e che lo portarono perciò a identificare la differenza antropologica fondamentale nella capacità dell'essere umano di creare e usare simboli. L'antropologia di W emer Sombart non aggiunge alcuna prospettiva innovativa; può riscuotere un qualche interesse solo come prova evidente del suo grado di adattamento all'ideologia fascista. L'antropologia di Paul Ludwig Landsberg collabora al compimento della svolta verso un'antropologia esistenzialista, rimanendo però puramente intrafiloso.fica. Invece, gli scritti di Viktor von W ~acker non vanno dalla filosofia alla biologia, ma invertono la rotta partendo dalla medicina e dalla biologia per arrivare alla filosofia, e si rivelano estremamente stimolanti, e il loro contenuto sostanziale è stato ampiamente condiviso dalle grandi impostazioni sistematiche dell'antropologia filoso.fica. Senza dubbio, bisogna considerare le opere di Arnold Gehlen e Helmuth Plessner come i luoghi in cui sono state delineate le due teorie più importanti dell'antropologia filoso.fica. Convergenti sotto molti aspetti e radicalmente diversi per molti altri, questi autori sono il fulcro centrale della trattazione che segue. A cavallo tra le trattazioni di questi due autori, verrà nondimeno presa in considerazione una teoria originatasi in un orizzonte teorico totalmente diverso, che risolve problemi che in Gehlen e in Plessner rimangono insoluti: la teoria antropologicamente fondata dell'intersoggettività pratica di George Herbert Mead.

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1. L'antropologia, filosofica come teoria dell'azione. Il progetto di Arnold Gehlen per un'antropologia, sistematica Amold Gehlen ha formulato un'antropologia sistematica rielaborando alcune tematiche centrali dell'antropologia filosofica con i risultati delle ricerche biologiche ed etnologiche. In questa antropologia la posizione peculiare dell'essere umano non è sviluppata a partire dai classici dualismi filosofici tra corpo-anima e corpo-spirito, che Scheler, per esempio, continuava ad accettare, ma è dedotta dalla struttura dell'azione umana. Gehlen mostra in maniera sistematica come le specifiche capacità e disposizioni dell'essere umano derivino dal suo tentativo di compensare la deficienza organica che lo contraddistingue: una compensazione raggiungibile in maniera riuscita solo attraverso l'azione. Il concetto di «azione» diviene il punto centrale della sua costruzione di una teoria antropologica, in una maniera così lampante che persino un materialismo storico orientato dalla categoria marxiana di «prassi» potrebbe accettare di farsi in gran parte guidare, nei suoi primi passi, dall'antropologia di Gehlen. Gehlen si rese conto della rilevanza antropologica dell'azione umana mentre conduceva una critica ambivalente della teoria tradizionale della conoscenza9• Nei suoi scritti filosofici giovanili, il punto di partenza della sua critica era rappresentato dal presupposto gnoseologico di un io istitutore di un ordine. L'autocertena del soggetto solipsistico spinge Gehlen a interrogarsi sulla possibilità di una certezza della realtà del mondo esterno, nonché sulla possibilità di una continuità delle relazioni intersoggettive e di un'identità della percezione nella molteplicità delle impressioni sensibili. Gehlen risponde a queste domande, impellenti nella tradizione del razionalismo cartesiano, attraverso un'argomentazione che dimostra l'apriorismo filosofico di un concetto di «soggetto» come creatore di ordine, senza tuttavia superare il solipsismo di questo modello di base. Al razionalismo di una teoria della conoscenza incentrata sul 9

Questa tesi è stata sostenuta da Dietrich Bohler nella sua eccellente interpretazione degli scritti giovanili di Gehlen. Si veda D. Bohler, Arnold Gehlen: Die Handlung, in J. Speck (a cura di), Grundprobleme der groften Philosophen: Philosophie der Gegenwart Il, Gottingen, Vandenhoeck und Rupprecht, 1973, pp. 230-280. L'interpretazione di Bohler si focalizza soprattutto sulla tesi di abilitazione di Gehlen, Wirklicher und

unwirklicher Geist. Bine philosophische Untersuchung in der Methode absoluter Phinomenologie (Leipzig, 1931), e sugli articoli pubblicati in A. Gehlen, Theorie der Willensfreiheit und andere friihe Schriften, Neuwied-Berlin, Luchterhand, 1965.

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soggetto riflessivo Gehlen contrappone la dimensione dei vissuti irrazionali, dell'esperienza emozionale soggettiva, che comprende anche la coscienza. Tuttavia, in questa virata verso la Lebensphilosophie, Gehlen non supera in linea di principio il presupposto solipsistico di un soggetto isolato. Attraverso il concetto di vissuto [Erlebnis] egli infrange senza dubbio la restrizione imposta dal razionalismo alla filosofia della coscienza: la sfera della coscienza è ora , quale legge strutturale unitaria della vita umana. In questo modo, il concetto di «azione umana», ricavato dall'iniziale concetto di Erlebnis sotto l'influenza teorica del pragmatismo americano, diventa la categoria fondamentale dell'antropologia: Di certo però, possiamo dimostrare, e lo faremo, che la determinazione dell'uomo ad agire è la legge strutturale generale di tutte le funzioni e capacità umane, e che questa deriva univocamente dall'organizzazione fisica dell'uomo: un essere fisicamente costruito in tale modo è capace di vivere solo in quanto

Id., Der Mensch. Seine Natur und seine Stellung in der Welt, Frankfurt a.M., Athenium, 1971, p. 16. 14

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agisca; e con ciò è data la legge strutturale di tutte le attuazioni umane, da quelle somatiche a quelle spirituali 15.

Gehlen analizza la capacità di agire specificamente umana a partire dalla tesi biologica secondo cui l'essere umano è un «essere manchevole», deficitario [Mangelwesen]. Da un punto di vista fisiologico, l'essere umano è in larga misura non specializzato; perciò, dal punto di vista organico, è adattato ad ambienti specifici in minima parte. Nella teoria dell'evoluzione, la non specializzazione organica è considerata la condizione generale della possibilità di uno sviluppo ulteriore, dato il carattere irreversibile delle specializzazioni già raggiunte nel corso dell'evoluzione. Tuttavia, nel caso dell'essere umano non si arriva a delle specializzazioni organiche decisive nemmeno successivamente, ovvero nel corso della storia del genere, poiché il meccanismo socio-culturale di adattamento al mondo esterno implica costanti trasformazioni dell'ambiente naturale e l' automodellamento culturale del mondo sociale. Le deficienze organiche dell'essere umano, che lo rendono organicamente inadatto alla sopravvivenza, diventano perciò le condizioni di possibilità per un processo di sviluppo autodiretto e autonomo. Dunque, per l'essere umano, la naturale non specializzazione non significa altro che la man